Tutto il buono della salsiccia

Nel mantovano la chiamano “salamella”, in Veneto e in Trentino è invece “luganega”, nel sud dello Stivale – in Sicilia e Campania – è “in punta di coltello”, a Ferrara è “salama” ma rigorosamente (solo) da sugo, in Calabria c’è la “sasizza”, in Friuli poi è “bondiola”: da noi in Toscana tutti la conosciamo come salsiccia. Alla scoperta di questo insaccato a crudo, tra un po’ di aneddoti, qualche cenno di storia e un paio di spunti golosi.

Paese che vai salsiccia che trovi…

… Niente di più vero, soprattutto da noi in Italia dove, si potrebbe dire, che ci sono tanti modi di lavorare la carne di maiale quanti sono i dialetti che si parlano! D’altronde, in passato, chiunque abitasse nelle campagne e possedesse dei maiali, era in grado di preparare le salsicce: anno dopo anno, secolo dopo secolo, generazione dopo generazione, si sono tramandate le indicazioni su quali parti della bestia usare e su come macinarle, su quanto sale, spezie e aromi aggiungere alla trita, come insaccare e per quanto lasciare a stagionare.

Una tradizione vecchia di millenni quella della salsiccia: la sua origine risale infatti al tempo dell’Impero romano. Molte sono le testimonianze scritte che vi si trovano in merito. Il primo a parlarne fu lo storico Marco Terenzio Varrone che ne attribuì l’invenzione alle popolazioni della Lucania (l’attuale Basilicata).

I romani chiamarono appunto lucania questo preparato di “carne trita insaccata in budello”, di cui, si dice lo stesso Cicerone fosse golosissimo. Se però abbandoniamo la Città eterna, o come la chiamavano i romani “caput mundi” e saliamo a nord, una tradizione longobarda vuole che sia stata la regina Teodolinda ad inventarla e ad averne donato al ricetta agli abitanti di Monza. Spostandoci poi verso est, anche i Veneti ne rivendicano la paternità, affermando che la salamella sia stata inventato proprio nel loro territorio.

Qualunque sia il campanile sotto il quale questa leccornia della norcineria sia stata preparata per la prima volta, bisogna comunque evidenziare che tutte queste salsicce sebbene facciano parte della stessa famiglia, hanno tuttavia forma, peso e soprattutto sapore diversi.

E così, la salamella mantovana, sebbene molto simile nell’aspetto alla nostra salsiccia toscana, è preparata tritando insieme parti di spalla e di pancetta e viene consumata solo dopo essere stata cotta. Da noi invece l’impasto prevede una farcia molto morbida e succulenta di spalla e coscia a cui vengono aggiunti aromi quali aglio, pepe, salvia e rosmarino che ne consentono anche il consumo crudo. Naturalmente, questo mix di spezie varia nella sua composizione da paese a paese, regalandoci prodotti dal gusto spesso unico e irripetibile.
Nel sud, quando parliamo di salsiccia in punta di coltello, ci riferiamo ad un insaccato preparato con parti di culatello e pancetta tagliate esclusivamente a coltello in cubetti piuttosto grandi – anche di un centimetro – e aromatizzato con finocchio e cumino: il risultato è una salsiccia che non può essere consumata a crudo ma si presta idealmente ad essere grigliata.

La luganega di veneta e trentina tradizione – o per meglio dire le “luganeghe”, visto che ne esistono veramente tante varianti – prevede una farcia medio piccola di carne tenera di maiale con l’aggiunta di aglio in polvere e pepe nero.

Le nostre salsicce

Il salumificio artigianale di Gombitelli, nel comune versiliese di Camaiore, ha fatto della preparazione della salsiccia fresca un vero e proprio cavallo di battaglia. La ricetta, che trae la sua caratteristiche dalla preparazione tipica della Lucchesia, prevede infatti un trita composta da metà carne di spalla e metà pancetta, che viene prima salata e poi drogata con solo aglio e pepe per permetterne la massima esaltazione del sapore. L’insaccatura avviene in piccoli budelli naturali di maiale che sono legati in “cornocchi” di circa dieci centimetri di lunghezza, immediatamente pronti per essere consumati. Il risultato, è un prodotto dal gusto pieno e profondo, apprezzato sia da comuni buongustai che da raffinati intenditori.

E per coloro che amano invece i sapori intensi e naturali, accanto a questa salsiccia classica, produciamo anche la salsiccia di cinghiale. Questa viene preparata con una sapiente miscela di carne di maiale e carne di cinghiale, tritata finemente a aromatizzata con aglio e pepe. Diversamente dalla salsiccia di solo maiale, questa viene insaccata in cornocchi più piccoli (circa cinque centimetri) e prima di essere posta in vendita, viene brevemente asciugata a caldo e lasciata stagionare per cinque settimane.

La salsiccia in tavola

Si può assolutamente affermare che la salsiccia sia il vero jolly della cucina: dall’aperitivo all’antipasto, dal primo al secondo, moltissime sono infatti le ricette che prevedono l’aggiunta di questo insaccato alla loro preparazione, o addirittura lo eleggono a alimento principale

Come, ad esempio, non apprezzare una bella fetta di pane passata al forno con un “spalmata” di salsiccia e stracchino? O un must toscanissmo di tutti i tempi, come salsicce e fagioli all’uccelletto? La ricetta, tipicamente invernale, è famosa anche per essere apparsa nel film “Lo chiamavano Trinità” in cui Terence Hill, alias Trinità, ne magia addirittura una padella intera. Da noi in Versilia ci sono poi le salsicce con i rapini: un piatto in bianco che prevede di saltare in padella i rapini sbollentati e privati delle coste dure insieme ad uno spicchio d’aglio e alla salsiccia fatta a tocchettini. E infine, come non imitare gli emiliani, maestri indiscussi del sugo di carne, quando al loro ragù aggiungono un po’ di salsiccia per esaltarne il sapore? Lasciate libera la vostra creatività culinaria, e buon appetito a tutti!

 

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