Originario della Bassa parmense, il culatello è da sempre considerato il più “aristocratico” tra i salumi pregiati, non solo per il fatto di essere realizzato con la parte più nobile del suino, il cuore della coscia, ma soprattutto per le sue caratteristiche organolettiche uniche e immediatamente riconoscibili che tanto lo fanno apprezzare da estimatori e buongustai di tutto il globo.
Culatello, una storia che si perde tra le nebbie della Pianura Padana
Il Culatello ha origine qui, in quell’area della Bassa dove le distese piatte dei campi scendono dolcemente verso il Po e dove d’inverno la luce del sole è spesso velata, quasi oscurata, da una coltre ovattata di fitta nebbia. È qui, sulle tavole dei contadini, tra casolari di pietra solitari, che trova le sue radici questo caposaldo della tradizione norcina del Bel Paese, oggi apprezzato e ricercato in tutto il mondo.
Una produzione assolutamente artigianale, ottenuta senza alcun ausilio meccanico o chimico, che si è diffusa dalla provincia di Parma alle altre regioni limitrofe, grazie al naturale collegamento geografico offerto dalla catena montuosa degli Appennini.
I primi riferimenti storici di questo salume risalgono al 1700. Lo troviamo infatti citato per la prima volta in un documento del Comune di Parma del 1735 che elencava tutti i prezzi dei prodotti ricavati dalla macellazione del maiale. E in quell’elenco dettagliato, il prezzo del Culatello spiccava per essere il più alto di tutti, indice questo del suo indiscusso prestigio.
Tuttavia, attestazioni della sua esistenza non scritte ma solo tramandate oralmente, risalirebbero addirittura al Medioevo, quando, veniva servito già nel quattordicesimo secolo durante i banchetti di nozze della nobiltà.
Rivedremo poi comparire il suo nome più avanti nel tempo, in molti altri atti ufficiali, quali il “Calmiero della carne porcina salata” del 1805, redatto sempre dal Comune di Parma, in cui vengono ricordati i cosiddetti “culatelli investiti”, ovvero insaccati. I notabili e letterati del tempo infatti classificavano il Culatello, non tra i prosciutti, ma all’interno della famiglia dei salami per il fatto di non avere la cotenna, ma di essere insaccato appunto dentro budelli di origine animale.
Infine, lo troviamo nominato all’interno del “Dizionario Parmigiano – Italiano” del 1836, in cui alla voce dialettale “Culatèll” viene associata la definizione di “una sorta di salame che si fa con pezzo di carne spiccata dal culaccio del maiale”. Ancora una volta, era stato annoverato tra i salami, sebbene non venisse realizzato partendo da una farcia, ma salato e pepato proprio come un prosciutto.
Comunque, prescindendo da classificazioni o nomenclature, come è nata questa prelibatezza che sta riscuotendo apprezzatori sempre più entusiasti in tutto il mondo?
Si tramanda che sia stato realizzato la prima volta per sbaglio, perché un fattore si era sbagliato a tagliare la coscia di una maiale per farne un prosciutto e quindi aveva dovuto “ripiegare” (meno male!) sezionando la carne in più pezzi: e proprio insaccando il gluteo, la parte più tenera e pregiata della coscia che sarebbe venuto fuori il culatello.
Molto più probabilmente invece, la sezionatura del prosciutto in più parti nascerebbe dall’esigenza di far asciugare meglio le carni, senza che muffiscano a causa del clima molto umido e nebbioso proprio della pianura padana.
Culatello e Cuor di Penitente: le eccellenze norcine del Salumificio Triglia
Anche qui al Salumificio Triglia, il Culatello rappresenta un prodotto assolutamente esclusivo. Infatti per produrlo vengono selezionate solo le cosce più grandi della bestia, quelle non scendono sotto i 12 chilogrammi. Queste vengono disossate per separare la parte del gluteo, la “chiappa”, molto morbida e gustosa. Una volta tolto il femore, si passa alla delicata fase della salatura con un mix di sale e spezie, una procedura eseguita solo dai più esperti tra i maestri norcini. Questa fase dura diversi giorni e prevede tecniche specifiche di “massaggiatura” per permettere alla carne di diventare saporita senza però perdere la sua irrinunciabile dolcezza. Ed è a questo punto che il culatello viene inserito dentro il budello – solitamente la vescica – ed assume la sua classica forma a “pera”. Infine i salumi vengono lasciati riposare in celle frigorifere per circa 12-18 mesi, ricoperti di sugna, per una stagionatura lenta che conferisca loro il classico sapore.
Ed eccellenza nell’eccellenza, all’interno del nostro e-commerce o presso il nostro punto vendita di Gombitelli, potete trovare il Cuor di Penitente, fiore all’occhiello di tutta la nostra produzione: un culatello stagionato per ben 24 mesi a contatto con la farina di castagne che gli conferisce un gusto dolce e morbido, ancora più raffinato, con un retrogusto di castagna appunto e delle note di sottobosco facilmente riconoscibili.
Prosciutto dolce Vs Culatello
Quali sono le differenze fra queste due eccellenze norcine, ottenute entrambe dalla stessa parte del maiale, la coscia? A prima vista potrebbero sembrare prodotti simili, ma basta assaggiarne una fetta per capire immediatamente che si tratta di due cose ben diverse. Procediamo per punti:
- Preparazione: se per il prosciutto si usa tutta la coscia, nella realizzazione del culatello si utilizza esclusivamente la parte del gluteo, completamente disossata e insaccata all’interno di un budello naturale. Inoltre nella salatura della coscia di prosciutto si usa solo del sale marino, mentre per il culatello vengono usati anche una macina di aromi e spezie.
- Forma e peso: la forma del prosciutto è ampiamente nota a tutti, piatta e allungata con in fondo il gambetto, mentre il culatello è un insaccato a forma di pera. Il primo poi pesa intorno ai dieci chili, mentre il secondo è molto più leggero (tra i tre e i cinque)
- Sapore: sebbene entrambi risultino dolci e morbidi al palato, il prosciutto ha un sapore più deciso, mentre il culatello ha note più delicate e ricercate.