[vc_row][vc_column][vc_column_text]Nascosto tra i boschi di castagno che silenziosi salgono su, verso il Passo del Lucese nella parte più orientale delle Alpi Apuane, Gombitelli è un ameno borgo di origine medievale arroccato su un crinale del Monte Calvario che divide la Val Pedogna dalla Valle Freddana.
Oggi frazione del Comune versiliese di Camaiore, è tuttavia da sempre rinomato in zona per essere un’isola linguistica e patria della norcineria toscana.
La sua storia ricca di aneddoti e tradizioni si perde nella notte dei tempi e merita un racconto dettagliato. Ma procediamo per gradi.
Gombitelli, dall’alto medioevo ai giorni nostri
Le prime testimonianze storiche dell’esistenza di un agglomerato abitativo in questa zona risalgono a qualche tempo prima dell’anno 1000. Il paese di Gombitelli viene infatti citato con il nome di Cumitellio o Chiomitelio già nell’elenco delle proprietà possedute dal Vescovado di San Martino a Lucca, e successivamente, nel 984 per l’esattezza, viene annoverato tra i beni che il vescovo Teudigrimo concesse a Gherardo. Un documento pergamenato del 1029 riporta che il borgo si sviluppò intorno al castello. Nei duecento anni seguenti, il castello fu attaccato ed espugnato più volte dall’esercito lucchese fino a quando venne completamente distrutto nel XIII secolo. Oggi possiamo ammirarne solo le rovine. A seguito di questo evento e di una devastante epidemia, il paese si spopolò tanto che si formò un’unica comunità con il paese vicino di Torcigliano. Tuttavia, a partire dal XVI secolo il borgo rinacque a nuova vita quando molte maestranze provenienti da città del nord Italia quali Bergamo e Reggio Emilia, tornarono a popolarlo attirate dai fabbri e dalle loro famiglie mandate qui da Carlo V.
Questa nuova ondata demografica portò ad un ampliamento del paese e conseguentemente al suo sviluppo economico. L’arrivo dei fabbri fece nascere l’industria della lavorazione dei chiodi, industria che si affermò a tal punto che durante la Grande Guerra del 15-18, i chiodi degli scarponi dei soldati provenivano da qui. Mentre l’arrivo delle maestranze emiliane dette il via all’allevamento dei maiali e alla lavorazione della loro carne: probabilmente la tradizione norcina di Gombitelli ha le sue radici proprio in questo periodo.
Ma questa mescolanza di popolazioni diverse ebbe anche un altro importante risvolto: determinò lo sviluppo di un particolare dialetto, anzi di una lingua a tutti gli effetti, che è stata parlata sino agli anni Cinquanta, Sessanta del secolo scorso, trasformando questo borgo versiliese in una vera e propria “isola linguistica”. Ad oggi, solo pochi anziani lo parlano ancora. C’è comunque un interessantissimo video dell’Istituto Luce, risalente proprio agli anni ’50, ’60 che testimonia questa unicità linguistica.
La tradizione norcina di Gombitelli
Come abbiamo visto, l’arrivo di maestranze dalle zone dell’Emilia fece fiorire anche a Gombitelli la l’allevamento dei maiali e la conseguente lavorazione delle loro carni. Col passare dei secoli, alcune famiglie del paese perfezionarono e personalizzarono le tecniche di macellazione e conservazione, dando origine ad una tradizione norcina unica nella sua tipicità.
Tradizione che però è la sintesi di tante influenze: c’è sicuramente un’eco della scuola salumiera lucchese, ma anche metodologie proprie della norcineria dell’Alta Versilia e della Garfagnana. D’altronde, il borgo di Gombitelli rappresenta proprio un crocevia tra queste zone geografiche distinte.
Non solo, ma grazie alla sua posizione privilegiata, a circa 400 m di altitudine sopra il livello del mare, all’esposizione a venti favorevoli che spazzano via lo smog e al fatto di essere circondato da fitti boschi di castagni e leccio, gode di un habitat particolare e di un microclima che favorisce la stagionatura e la maturazione dei salumi.
Famiglia Triglia, salumieri da generazioni
Tra le famiglie che hanno reso unico il saper fare che si nasconde dietro l’eccellenza gombitellese nella produzione norcina, ci sono i Triglia. Da secoli questa famiglia tramanda di padre in figlio, di nonno in nipote le tecniche di lavorazione del maiale. Una tradizione antica che oggi combina antiche ricette e procedure assolutamente artigianali con una costante ricerca per sfumature di gusto sempre nuove, capaci di affascinare e sorprendere anche il cliente più esigente.
In questo mix tra tradizione e innovazione, ciò che rende eccellente la produzione Triglia è la costante attenzione verso la qualità: qualità nella scelta delle materie prime; qualità e cura in ogni singola fase di lavorazione e trasformazione delle carni; qualità nel rifiuto categorico all’utilizzo di coloranti, conservanti o lattosio; qualità nella decisione di mantenere artigianale il procedimento ma di modernizzare al massimo la distribuzione e la logistica. Qualità che ha portato alla realizzazione di prodotti unici nel panorama norcino nazionale come il Lardo rosa, il Prosciutto Penitente, la Mortadella nostrale: salumi ed insaccati inimitabili, testimoni di sapori esclusivi che solo a Gombitelli potevano venire creati.[/vc_column_text]
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creazioni Triglia
Il Prosciutto Penitente
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Lardo
Lardo Rosa di Gombitelli (Lardo Steso)
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Mortadella di Gombitelli (Salame Nostrale)
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